Il mondo nella stanza di Xavier de Maistre

[La mia nuova stanza] riceve la luce da una sola finestra larga due piedi e mezzo e alta sei o sette piedi circa dal suolo, cui s’arriva utilizzando una scaletta.
La distanza della finestra dal pavimento era uno di quei casi fortunati da attribuire sia alle circostanze, sia all’ingegno dell’architetto. Un’aria di mistero veniva poi creata dalla luce pressoché verticale che si diffondeva nel mio rifugio, illuminato nello stesso modo dell’antico tempio del Pantheon.
Né si vedeva nessun oggetto esterno che potesse distrarmi.
Come i naviganti che, persi nella vastità dell’oceano, non vedono nient’altro che cielo e mare, io vedevo solo il cielo e la mia stanza.
Gli oggetti esterni più vicini sui quali potevo posare gli occhi, erano la luna e la stella del mattino: quanto mi metteva in immediato contatto col cielo, facendo volare i miei pensieri a un’altezza che non sarebbe stata possibile se avessi scelto un alloggio al pianterreno. La citata finestra s’alzava sopra il tetto e formava un abbaino assai grazioso. Era talmente alta sull’orizzonte che, quando i primi raggi del sole giungevano a illuminarla, nella strada era ancora buio.
Godevo, insomma, d’una delle vedute più belle che si possano immaginare.
Ma anche il panorama migliore finisce per annoiare quando lo si goda troppo spesso: l’occhio s’abitua e non ci fa più caso.
Invece, la posizione della finestra mi preservava anche da simile svantaggio, dato che non vedevo mai lo spettacolo magnifico della campagna di Torino se non quando risalivo quattro o cinque scalini: questo mi dava un piacere sempre vivo perché gustato con lentezza.
Spettatore effimero d’uno spettacolo eterno, l’uomo alza per un istante i suoi occhi al cielo, e poi li chiude per sempre! Ma durante quel rapido istante che gli viene concesso, un raggio consolatore, partendo da ciascuno dei mondi, da tutti i punti del cielo, dai confini dell’universo, viene a colpire il suo sguardo per fargli sapere che esiste una relazione tra lui e l’immensità.
[Sistema del mondo] Credo insomma che se lo spazio è infinito, sia infinita anche la creazione; e che, nella sua vita eterna e nell’immensità dello spazio, Dio abbia creato un numero infinito di mondi .
Essendo la maggior parte dei nostri piaceri null’altro che un gioco dell’immaginazione, è essenziale offrirle una pastura innocente per distoglierla dagli oggetti ai quali è giocoforza rinunciare, press’a poco come si offrono i balocchi ai bambini, quando si rifiutano loro le caramelle.

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