Sabrina è un bel nome

di Julia Dantas

Tradotto da: María Gómez Chica

ISBN: 97888999582820

Un adolescente solitario trova sostegno emotivo in una chat su Internet, ma le conversazioni prendono una piega inaspettata quando si confida con la sua nuova amica. Mentre la madre si mette in cerca di risposte, il giovane si addentra in aspetti sempre più oscuri della propria personalità.

L’autrice:

Julia Dantas è nata a Porto Alegre, in Brasile, nel 1985. Si è laureata in giornalismo, ha studiato critica artistica a Buenos Aires, ha lavorato come traduttrice ed editor. Ha frequentato il Master in Scrittura Creativa della PUCRS (Pontifícia Universidade Católica do Rio Grande do Sul), ha pubblicato racconti in antologie ed è stata finalista del Prêmio Açorianos de Criação Literária e del Prêmio São Paulo de Literatura con il romanzo Ruína y leveza.

Ulteriori informazioni su Dramas – N(u)ove voci dal Brasile

 

Un piccolo assaggio...

Sabrina è un bel nome

 

– Sabrina è un bel nome.

– È stato il nome più popolare in questa città nel 2001.

– Io non ero ancora nato. Mi chiamo Jacó. È un nome stupido. Non so cosa stessero pensando quegli stupidi dei miei genitori.

– Jacó non è stupido, è un nome biblico, Giacobbe. Significa “colui che tiene il calcagno”.

– Ahah, che conversazione assurda. Non mi stai prendendo in giro, vero?

– Non saprei come farlo.

– Meno male 🙂

 

Lélia pianse ancora una volta davanti al commissariato. Si asciugò il viso vedendo uscire il commissario Flores dall’edificio. L’aveva vista piangere molte volte prima, certo, ma lei voleva mostrare  di essersi ripresa. Non era vero, ma pensava che le avrebbe dato maggiori possibilità di essere presa sul serio. Avanzò lungo il marciapiede fino a tendere la mano al commissario. Buon pomeriggio, disse lei in tono secco, e lui sorrise, come da protocollo.

Lui avrebbe voluto iniziare lì la conversazione, ma Lélia insistette per andare nel suo ufficio. Ormai non sorrideva più. Al momento non c’è nulla di nuovo, le assicurò. Ma lei non era lì per quello, voleva più che altro parlare. Iniziò quando erano ancora nel corridoio grigio. Per essere sparita così, Sabrina deve essere un’hacker o qualcosa del genere. Non siete ancora riusciti a rintracciarla? Il commissario scosse la testa. Non ancora. Lélia continuò: non capisco cosa ci facesse mio figlio con un’hacker, ma non vedo altre spiegazioni, anche mio nipote la pensa così. Il commissario mascherò un sospiro. Si portò la mano destra alla fronte per grattarsi la tempia. Diede una rapida occhiata alla donna. I nostri consulenti informatici stanno indagando proprio su questo. Lei sembrava assente. Come è possibile che il mio Jacó sia stato influenzato da una persona che nemmeno conosce? Si bloccò, con il piede penzolante in aria. E se invece… Pensate che si siano incontrati? Il commissario era già davanti alla porta del suo ufficio. In un gesto spontaneo aprì le braccia per confessare: non lo sappiamo. Lélia osservò con stupore e malinconia quell’incognita, quel gesto, l’impotenza di quell’uomo. Una lacrima le scese sulla guancia. Capisco, disse. Allora sarà meglio che vada. E voltò le spalle al commissario, che aspettò ancora un minuto, davanti all’ufficio, prima di tornare sui suoi passi verso l’uscita e continuare la giornata che Lélia aveva interrotto.

– Scusa se ti disturbo con queste mie paranoie.

– Niente mi disturba.

– Non è necessario che tu menta, Sabrina. So di essere una spina nel fianco.

– Perché?

– Non so, credo di essere solo un po’ triste.

– Perché sei triste?

– Non riesco a spiegarlo.

– È inspiegabile?

– Ecco, sì. È inspiegabile.

– “… la tristezza ha rovinato molti e in essa non c’è alcun vantaggio.

– È una bella frase.

– Sono contenta che ti sia piaciuta 🙂

– Grazie, Sabrina. Mi fai sempre sentire meglio.