Ugo Foscolo, sia per la spiccata individualità del carattere, sia per l’originalità degli scritti e dello spirito che li informa, è nome che suona caro alle orecchie degli Italiani. Questo mi affida che la ripubblicazione di due fra’ suoi lavori più pregevoli non sarà riputata soverchia, e che la vita e le note scritte senza pretensione alcuna, potranno trovare, se non grazia e favore, facile venia almeno.
La vita del Foscolo, scritta pel primo da Giuseppe Pecchio, benchè attraente per lo stile brillante ed arguto, però sconveniente al soggetto, è in più punti manchevole; non sempre veridica, e maligna talvolta. Quella dettata più tardi da Luigi Carrer è ampia, a mio avviso assai diligente, condita di buona e copiosa critica letteraria, e forse per questo, più acconcia a chi fa studio di erudita letteratura, che ai semplicemente colti. A questi fecero seguito altri due benemeriti cultori delle lettere italiane; il signor Carlo Gemelli e il prof. Paolo Pavesio. Il primo prende di preferenza in esame le opere letterarie; ma i tanti casi di quella vita fortunosa, alcuni sono taciuti, altri toccati appena; le asserzioni appariscono talvolta ardite. Assai più pregevole si manifesta il lavoro del secondo che dividesi in tre parti ben ordinate[1]. Nella prima e nella susseguente ci mostra come in un quadro a vivi colori, da cui spicca tutta la verità del soggetto, l’indole ed il carattere del Foscolo; ma pur confessando egli stesso che molt’altro vi sarebbe a dire sull’argomento, dichiara di lasciare ad un futuro biografo la cura dei dettagli e di particolareggiare gli avvenimenti. Per lo contrario, come caldo ammiratore dell’ingegno di lui, parla nella parte terza copiosamente, con facondia e retto giudizio intorno agli scritti, de’ quali ci dà in ultimo un completo ed accurato indice cronologico. Io penso quindi, che una narrazione particolareggiata ne’ suoi episodii, spassionata ne’ giudizii, fatta pianamente, alla buona e alla portata di tutti, sulle vicende di quell’uomo singolarissimo, non abbia ad essere interamente superflua.
[1] Fu pubblicato nella Rivista contemporanea nazionale italiana, 1869-70.