di Ricardo Romero

La casa non è grande, ma non è neanche piccola, rispetto al resto delle case dell’isolato. Ha due piani – tre, contando il sottotetto – e una stanza sopra la terrazza dove non va nessuno tranne me. Il resto della famiglia la chiama “soffitta”, ma io preferisco chiamarla “sottotetto”. Non è un capriccio, ci ho pensato molto proprio standomene lì, nel sottotetto, tra i vecchi mobili e i bauli, avvolto da quell’aria tiepida che c’è sempre, dove i raggi del sole filtrano dal lucernario rendendo visibili i vetri smerigliati della porta. Raggi del sole, lucernario, vetri smerigliati. Quando sono lì riesco a pensare “sono nel sottotetto”, ma mi è impossibile pensare “sono in soffitta”. Non tutto può essere pensato. Perché tutto dovrebbe essere pensabile?

Al primo piano della casa ci sono le camere. Quella dei miei genitori, quella di mio fratello grande, quella che condivido con mio fratello piccolo. Ci sono due grandi bagni che sembrano più antichi del resto della casa, come se fossero lì da più tempo, fluttuando all’altezza del primo piano, in attesa che la mia famiglia arrivasse e ci costruisse la casa intorno. Le vasche, i rubinetti, l’armadietto delle medicine sono signorili; porcellane, specchi e bronzi che luccicano negli angoli, che hanno macchie che non sono macchie, perché una macchia si può rimuovere, mentre queste no. Non potrei immaginare il rubinetto del lavandino del nostro bagno senza quella decolorazione, quella nube pallida sul dorso o lo specchio dell’armadietto delle medicine nel bagno dei miei genitori senza quei punti neri sul lato sinistro. Ma ciò che dà ai bagni quell’aria di vecchio, di antico, sono le piastrelle che ricoprono le pareti fino al soffitto. Che cos’è che rende vecchie quelle piastrelle? Non lo so. So solo che è impossibile contarle. No, non è l’unica cosa che so. So anche che i bagni, anche se sembrano uguali, gemelli, non lo sono.

C’è poi il pianoterra, che, anche se ha le stesse dimensioni del primo piano, sembra più grande. Lo sembra solamente, perché sono sicuro che abbiano le stesse dimensioni. Eppure ogni tanto sento il bisogno di confrontare gli angoli, di vedere che le pareti dei vari piani sono le stesse; o meglio: che sono allineate. Perché non sono le stesse pareti. Come potrebbero esserlo? Le pareti del pianoterra e quelle del primo piano sono allineate. Le linee sono esatte e inequivocabili. Il pianoterra, però, sembra più grande.

Al pianoterra ci sono la cucina, la sala da pranzo, il soggiorno e lo studio che mio padre condivide con mio fratello grande. C’è un altro bagno, più piccolo, schiacciato tra la cucina e le scale. C’è uno stanzino con le cose per pulire. C’è l’ingresso, davanti alla porta principale.

Ovviamente, sulla facciata della casa, a sinistra, c’è la stanza del Presidente, che dà sul giardino.

Traduzione di Gaia Bortolin. Il romanzo integrale ti aspetta ne La stanza del Presidente

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