Una recensione da Il rifugio dell’Ircocervo

Due bambini cercano fiammelle di mare in spiaggia. Si conoscono appena, ma è come se condividessero già qualcosa di profondo, un legame che li unirà per la vita, anche se dal giorno successivo torneranno a comportarsi alla stregua di due estranei. È con questa intensa nota di dolcezza che si apre la raccolta dell’autore australiano Patrick Holland: Fiammelle di mare su Sixth Island è una storia breve e delicata, che nella sua apparente semplicità introduce quelli che saranno i temi centrali dell’opera, fil rouge di storie lontane tra loro nel tempo e nello spazio.

Il primo di questi temi, forse quello predominante, è la metafora del viaggio. Uno dei due bambini, la piccola Conchiglia, è arrivata sull’isola da poco e in poco tempo la lascerà, costringendo il protagonista a fare i conti con la sua assenza. Paradossalmente è proprio in questa nota che il primo racconto differisce, almeno parzialmente, da tutti gli altri: nella maggior parte delle storie, il protagonista è il viaggiatore, colui che arriva con la consapevolezza di doversene anche andare. Non è il viaggio in sé a rappresentare il fulcro della narrazione, quanto piuttosto l’incontro effimero con quanti sono invece destinati a rimanere. Molte storie si collocano infatti in quel momento sospeso tra il “dopo l’arrivo” e il “prima di ripartire”, trasmettendo un’idea di stabilità implicitamente illusoria.

La raccolta stessa è di per sé un viaggio tra tempi e luoghi infinitamente distanti. L’autore si sposta dal Queensland in cui è nato alla Sidone antica, dove si incontrano il poeta Omero e il profeta Isaia, passando per la Cina contemporanea e l’Europa medievale dei monaci amanuensi. In ciascuna di queste realtà, il protagonista – esule, pellegrino, avventuriero, straniero, fuggitivo – incontra altri personaggi portatori di consapevolezze o insegnamenti involontari, oppure al contrario destinati a lasciare un segno negativo e corroborante. È il caso un po’ anomalo del protagonista di Il passeggero, il racconto più surreale della raccolta, in cui un uomo viene colto da un’insana e allucinata paranoia dopo aver incontrato un personaggio sospetto durante il suo viaggio di ritorno verso casa. Le altre storie tendono a concentrarsi su un tono più introspettivo e realistico, talvolta persino filosofico.

Il secondo tema concerne la spiritualità, che assume facilmente la forma esplicita del credo cristiano. Il cristianesimo e la sua teologia tornano in ogni tempo e in ogni luogo: plasmano la vita di una prostituta bosniaca durante la seconda guerra mondiale, che non può lavorare il venerdì perché ritiene di avere le stimmate, o ancora quella della credente cinese Hao Xue, che una volta convertita sviluppa lo straordinario potere di curare le persone con il tocco delle mani. Il cristianesimo unisce il Deserto di Tanami all’Italia medievale, la frenetica Pechino alla Bosnia della seconda guerra mondiale. Ci sono racconti in cui questa spiritualità viene meno o si fa più soffusa, come nel già citato Il passeggero, e altri in cui invece diventa così determinante da vanificare qualsiasi elemento narrativo. È il caso estremo de Il compositore, dove l’incontro tra due padri si trasforma in un pretesto per parlare di fede. Si tratta anche dell’unico tentativo di proporre una parziale prospettiva atea, tradita pressoché subito da un personaggio interiormente ancora legato al suo Dio.

Il titolo italiano della raccolta è mutuato dalla storia Musica per aeroporti, in cui l’intreccio tra tre differenti viaggi rappresenta al meglio quello che è il tema dominante dell’opera. In questo caso si incontrano le esperienze di un diplomatico australiano, quelle di un trafficante di droga cinese condannato a morte, e le migrazioni di uno stormo d’uccelli. Tre storie sospese in un percorso non ancora concluso che mettono elegantemente in scena l’incertezza e la fugacità della figura dell’esule. Eppure la versione originaria della raccolta porta il titolo dell’ultimo racconto, The Source of Sound, ispirata a una dolente nota autobiografica dell’autore. Si tratta forse del racconto più emozionante della raccolta, ma anche quello meno legato al tema del viaggio, se non rispetto alla metafora della morte di una giovane e innocente ragazza – la spiritualità, al contrario, non manca di trovare un suo spazio.

Musica per aeroporti (vincitore dello Scott Prize 2010) non è la prima opera di Holland a essere tradotta in italiano: ne sono esempi La donna del club 49 (O Barra O Edizioni, 2018) e Treni in corsa nelle notti di Kyoto(Exòrma, 2015). Il tema del viaggio è un motivo ricorrente, ma d’altro canto la stessa biografia dell’autore è un continuo pellegrinare in giro per il mondo, dall’Australia alla Cina, dal Giappone al Vietnam, in quelle che diventano inevitabilmente le principali ambientazioni delle sue storie. La piacevolezza della sua scrittura si sposa perfettamente con la leggerezza e il realismo con cui l’autore è in grado di trattare ciascuna di queste diverse culture, senza banalizzarle e senza omologarle.

Anja Boato

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