Costanza sfoglia uno dei grossi quaderni dalla coper­tina nera. Dalla carta ingiallita alita un leggerissimo odore di terriccio e di miscugli vegetali. Sulle pagine quadrettate, l’inchiostro è sbiadito al punto che alcune parole si decifrano a stento.

Questa notte il gran caldo mi ha svegliata. Mi sono alzata per prendere una boccata d’aria sulla terrazza.

L’aria era immobile, ma ho provato un senso di be­nessere respirando l’ossigeno emesso dalle piante. Il tiglio sprigionava il suo profumo.

Ho alzato gli occhi, e ho guardato le stelle. L’Orsa Maggiore era visibile e straordinariamente bella. L’ho osservata col solito amore, come guardo sempre il cielo stellato, le care eterne figure delle costellazioni che mi infondono tranquillità e, insieme, una misteriosa paura.

Proprio in quel momento di abbandono, nella silen­ziosa felicità della contemplazione, ho scorto all’im­provviso un oggetto luminosissimo apparire sullo sfon­do nero, proprio là, in direzione dell’Orsa Maggiore. A velocità impensabile, ha superato una vastissima zo­na dirigendosi, con una brusca virata ad angolo retto, verso Ovest. Dietro di sé lasciava una scia dorata, che immediatamente svaniva. In pochi secondi, l’oggetto è scomparso oltre il profilo delle montagne più lontane.

Sbalordita dall’apparizione, ho tentato di ricostruire le fasi di quell’evento inaspettato. Ho cercato di “ri­vedere” il fenomeno. E mi sono resa conto che, al suo primo apparire, l’oggetto mi si era presentato come una forma circolare, netta come un disco metallico, immer­so in un alone luminescente. Soltanto dopo, allonta­nandosi, aveva lasciato dietro di sé quella specie di fu­mo luminoso, la traccia dorata e fosforescente.

Ripensando alla primissima impressione, ho anche capito che l’oggetto sconosciuto brillava come oro bian­co, tanto che l’avevo immediatamente distinto dalle stelle argenteo-azzurrine.

Con eccitazione, con entusiasmo, ho detto a me stes­sa: “Per la prima volta nella mia vita, ho visto un Unidentified Flying Object, un UFO!».

Non è questo l’argomento che Costanza sta cercando nei diari della nonna: gira qualche pagina, legge.

esperimento 32. Incrocio di pero selvatico e pero domestico.

No, neppure questo.

Volta ancora una pagina, poi un’altra, e un’altra ancora.

Ho rivisto Amadeus. È sempre un uomo affascinante, sensibile, e…

Costanza chiude il quaderno. Ne prende un altro.

potenziamento di tuberi. Efficacia chimica degli ami­di in soluzione acida diluita al venti per cento.

Era una vera scienziata, nonna Adriana. A soli trent’anni, aveva già ottenuto la cattedra di botanica spe­rimentale alla Facoltà di Agraria. Anche privatamente si interessava di botanica, lavorando sia nella serra che si era costruita dentro la casa, sia nel grande ter­razzo coperto, sia nel giardino. Gli esperimenti costitui­vano il suo unico hobby: un passatempo che si associa­va al lavoro. Nella sua giornata, non esisteva distacco né contrapposizione fra lavoro e tempo libero, che era totalmente occupato da innesti, trapianti, semine, an­naffiatoi, foraterra, sacchetti di terriccio, prodotti chi­mici, galvanometri, elettrodi, liquidi di nutrimento.

Per eredità naturale, la passione per la botanica era passata nella nipote Costanza, anche lei scienziata, at­tualmente addetta all’istituto dell’Orto Botanico.

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