di Pablo Racca

Di che colore è la polvere? Nel quartiere, il suo giallo ocra riveste le strade, galleggia sull’acqua che scorre nei fossi, si posa tra le erbacce che circondano i marciapiedi. Saltella a ogni passo, si infiltra tra le dita e si secca con il sudore. Persino le scarpe cambiano colore. E quando le moto sfrecciano durante le corse, la polvere spicca il volo, entra nelle case e sfuma i contorni del paesaggio, depositandosi tra i capelli e nella memoria.

Ana cammina a passo svelto, attraversando un luogo a lei familiare. Ha deciso di evitare il marciapiede e procedere lungo una strada sterrata. Con lo sguardo fisso sul cellulare, regola le impostazioni per assicurarsi che la suoneria non disturbi la lezione. Un ragnetto sullo schermo cattura la sua attenzione: osserva quel puntino nero muoversi per qualche istante, poi lo lascia cadere con un gesto delicato. È il terzo ragno che vede dall’inizio della settimana, e non può fare a meno di chiedersi se non abbia un qualche significato. Ripone il cellulare nella tasca dello spolverino e stringe il quaderno al petto, ripassando mentalmente le attività della giornata: con le classi di quarta e quinta elementare si concentrerà sulla fiera di oggi e la marcia di domani. Mentre cammina, saluta con un sorriso gli abitanti del quartiere già svegli. Decide di fermarsi da Chela per un mate.

Chela inizia a parlarle ancora prima di salutarla: «Maestra, ieri sera Marcelito ha visto qualcosa».

«Che cosa ha visto?»

«Dei vermi in decomposizione e Homer Simpson che lo minacciava con un martello».

«Homer Simpson?»

«Ha le allucinazioni, maestra. Anche suo padre, prima di morire, vedeva cervelli pieni di bava e bestie dagli occhi rossi».

Ana beve un sorso di mate e lo restituisce.

«Ha la febbre alta?»

«Va e viene».

«Siete andati dal medico?»

«Non posso farlo uscire di casa, non so che altro fare», risponde con una voce che sembra ossidata, dal tono un po’ acido dovuto alla vecchiaia e alle lamentele per ciò che manca.

«È a letto?»

«Sì. Gli servirebbe una coperta in più, se riuscissimo a trovarla», ma le sue richieste non sono rivolte direttamente alla maestra, bensì al mondo esterno. Ana viene da lì. Nel quartiere non si trova nulla. «E qualche paio di calzini. Marcelito ne usa due o tre alla volta e gli si rompono».

«Vedrò che posso fare. Grazie per il mate, Chela».

«Va a scuola?»

«Sì, come sempre».

«Saluta Irma da parte mia?» «Sì, come sempre», risponde Ana uscendo di casa. Allunga una gamba, scavalca il fosso che confina con il marciapiede e prosegue lungo la strada.

Traduzione dallo spagnolo di Carolina Valensin. Per leggere il resto, fai clic su Memoria della polvere.

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